Franzetti: "Con le note possiamo fare la pace"

04/04/2018
Luca Franzetti

Azione di Novara
30 marzo 2018

Il fatto è che «ci sono ancora troppi colleghi, troppi musicisti che pensano solo alla performance e non si rendono conto dell’enorme potere e responsabilità sociale che hanno con la musica» sospira con un sorriso il violoncellista Luca Franzetti, in un colloquio con il nostro settimanale poco dopo lo splendido concerto che ha chiuso il Festival Cantelli venerdì 23 al Faraggiana (vd. box in alto). Perchè, rimarca, da quando una decina di anni fa ha conosciuto l’associazione Musicians for Human Rights, la sua vita è cambiata: «non è un caso - rimarca - che laddove si insegni e si suoni musica certe efferatezze non accadano; non è un caso che l’Isis abbia proibito l’ascolto di musica fra i suoi miliziani e che recluti i suoi adepti fra chi è stato deprivato di cultura, istruzione, relazioni significative, cura dell’umano». Nato a Parma nel 1969, Franzetti ha studiato violino, chitarra e pianoforte e ha iniziato a suonare il violoncello in orchestra a 18 anni. Dopo essere stato Primo violoncello nell’orchestra Toscanini di Parma, il teatro Bellini di Catania e l’orchestra Stabile di Bergamo, a 30 anni ricopriva il posto di Primo Violoncello dell’orchestra sinfonica di Milano G. Verdi. Dal 2004 collabora con Claudio Abbado ed in seguito è divenuto membro dell’ Orchestra del Festival di Lucerna. Dal 2013 insegna Violoncello all’Istituto musicale di Reggio Emilia. Venerdì sera si è esibito al teatro Faraggiana di Novara in un concerto applauditissimo anche per il singolare scambio di ruoli fra solista e direttore fra il primo e il secondo tempo con l’amico Simone Pedroni. «Era la seconda volta che dirigevo un concerto in vita mia: quanto abbiamo studiato e provato!» esclama ridendo. Ma più di tutto, rimarca, la sua soddisfazione viene dalla percezione che il pubblico ha avuto dell’amicizia e sintonia fra i due musicisti e dell’umanesimo che cercano di trasmettere con il loro lavoro. «Da quando, in questi ultimi anni - racconta - ho iniziato a insegnare musica, a portare la musica nei campi profughi di Ramallah, in Cisgiordania, o nelle favelas in Venezuela o nelle baraccopoli di Città del Capo, in Sudafrica, ho potuto toccare con mano quanto, laddove si piantino dei semi di musica, certe conflittualità si plachino. Ho visto quanto brillavano gli occhi a questi ragazzini, ho letto nei loro sguardi la fame di musica, di armonia, di bellezza, ed è per questo che per me quei bambini e ragazzi sono diventati “armi di costruzione di massa” come li chiamo oggi. La musica è un fatto profondamente umano, è una condivisione di sentimenti, di valori, di atteggiamenti verso il prossimo e verso la vita: la musica ci aiuta a capire certi meccanismi dentro e fuori di noi, ci aiuta a trovare il nostro posto nel mondo». Lo stesso potere formidabile della musica, chiosa con un sorriso, lo porta da alcuni anni nelle carceri italiane per favorire il riscatto sociale e umano dei detenuti. «Con l’associazione Mozart14 nelle carceri per il riscatto sociale dei detenuti» «La musica è una condivisione di sentimenti, di valori, di umanità»

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